mercoledì 21 novembre 2012

Taka takata - Damir Radonic (2011)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano (in concorso), in lingua originale sottotitolato.

Una parrucchiera ha finanzia la squadra di calcio di strada dove gioca il marito. Visto che sono abbonati alla sconfitta chieda al fratello rastafariano per passione di andare in Brasile a acquistare un giocatore delle favelas (visto che là sono tutti dei campioni e nelle baraccopoli saranno campioni a basso costo). Rasta (si fa chiamare così il fratello) cerca di aumentare i soldi che la sorella gli ha prestato facendosi coinvolgere da un suo amico in un affare di orologi contraffatti presi in Mozambico; li si incroceranno con un giocatore in fuga da una banda criminale... visto che in Mozambico parlano portoghese come in Brasile il gioco è semplice. Dopo aver preso l'attaccante brasiliano metteranno sotto contratto anche un allenatore Serbo (visto in una pubblicità televisiva) che spiegherà i trucchi del calcio insegnando a ballare...

Commedia demenziale sudafricana, ma con regista croato, che fonde fin da subito stilemi statunitensi (i rimandi sono compresi tra i classici buddy movie ai fratelli Coen con pure qualcosa di "The snatch") con idee balcaniche (il ritmo alla Kusturica che assume il film quando arriva il personaggio dell'allenatore e la fusione fra musiche africane con quelle brasiliane e dei balcani) in un ambiente totalmente a sé.

Il film è decisamente divertente e si basa su un misto di comicità e sulla costruzione di persoanggi macchiettistici, ma ben strutturati, che si fanno ricordare a lungo (su tutti Rasta, l'allenatore Sava, ma anche Pico, il giocatore del Mozambico). Inoltre il cast è assolutamente adeguato, con alcuni interpreti davvero notevoli.

Pure i difetti sono evidentissimi fin da subito. Il film ci impiega ad ingranare e complessivamente le scene nel commisariato non sono niente di che. Il finale è un pò troppo rapido (ma effettivamente funziona bene). Ma soprattutto, il grandissimo problema è che Radonic ha la passione per una regia dinamicissima (il che è positivo) che realizza con alcune ripetizione di singole azioni assolutamente irritanti che non aumentano l'ironia di una scena e non sottolineano momenti importanti, sono lì solo perché fanno figo e invece disturbano tantissimo; senza di queste scene il film sarebbe fantastico; con questa scelta estetica idiota il film riesce comunque a rimanere decisamente buono.

Il film è stato anticipato da un corto "Soubresauts", la storia di una possibile violenza su una ragazza tunisina e delle reazioni della madre (e del fratello) a questa notizia. Questo è, al momento, il cortometraggio più bello, realizzato da un cast all'altezza (l'attrice che interpreta la madre fa praticamente tutto); intelligente nel parlare del problema senza piagnucolii inutile (viene scelto di mostrare la madre come protagonista eliminando quindi il rischio di cadere nel banale concentrandosi sulla figlia ferita); viene utilizzata una camera a mano molto più alla Aronofsky (che si concentra nel seguire in maniera pedissequa la protagonista mettendola al centro di ogni scena) piuttosto che sull'ecquivalente europeo; infine ci sono alcune sequenza decisamente intelligenti, tutto l'incipit è gioca a mostrare gli effetti, ma mai l'azione che li ha causati (il film inizia con la madre che interroga la figlia brutalzizata, ma non si sa cosa sia successo, cosa sia stato detto o fatto prima; subito dopo c'è una sequenza con la madre in lacrime e della cameriera che raccoglie un bicchiere rotto, senza che si sia visto altro).
Un corto fantastico.

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