Visto in tv.
C’è poca storia in questo film.
Un impressionante Adam Sandler è un svampito ragazzone con problemi d’ansia e
d’insicurezza circondato da un nugolo di sorelle; cerca la fuga in concorso a
premi e in una linea erotica, finché non incontra l’amore. Tutto migliora
all’improvviso finché i nodi non giungeranno al pettine. Ma c’è l’amore nella
sua vita e saprà districarsene.
Storia poco influente sul film
che è in realtà una prova di forza muscolare di un Anderson in stato di grazia.
Un film del genere sarebbe cestinato da qualunque regista se si volesse davvero
veicolare un messaggio o intrattenere; quello che Paul Thomas Anderson vuol
fare è mostrare la sua regia e far vedere come si possono veicolare le
informazioni con il linguaggio non parlato in un film.
E allora eccolo il profluvio di
colori brillanti sfacciatamente rivelatori e colori al neon; ecco i piani
sequenza sinuosi, i movimenti di macchina che sottolineano gli avvenimenti
esposti e i carrelli fatti con il righello tanto da sembrare Wes; ecco la
costruzione della scena che comunica più dell’inespressività (voluta) degli
attori; ed ecco la musica che si muove quanto la macchina da presa diventando
silenziosa quando non richiesta, aumentando di volume gradatamente fino ad
esplodere quando necessario a descrivere una scena.
Un film tutto sommato poco
godibile nel complesso perché è senza capo né coda; ma è fenomenale nel
mostrare cosa si può comunicare senza parlare, un bignami di regia post
moderna.
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