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Visto al Festival di Cinema Africano (fuori concorso).
Un documentario sull'attività del CUAMM, una delle più vecchie (se non la più vecchia) ONLUS in campo sanitario del mondo, ma nello stesso tempo una delle meno note al grande pubblico. I Medici con l'Africa CUAMM sono un gruppo che si occupa del sostegno del sistema sanitario locale in alcuni stati subsahariani con progetti sanitari che vanno dall'esportazione di personale sanitario, alla formazione di personale in loco, dal reperimento di fondi, alla strutturazione di progetti igienico sanitari di base.
Il documentario si avvale di un regista esperto come Mazzacurati e del migliore direttore della fotografia attualmente operante in Italia, Luca Bigazzi. Inevitabile quindi che il risultato sia positivo.
Le immagini son o effettivamente più curate della media degli altri documentari (anche di quelli decismante più costosi come quelli di Moore), perchè il cast tecnico è abituato a lavorare con film di fiction, cosa evidentissima nell'incipit a Padova dove le scene sembrano effettivamente l'apertura di un film tout court.
Nella struttura invece si tenta di un'obbiettività impossibile in un documentario del genere; ma gli va concesso il tentativo di diminuire al minimo la demagogia e le scene strappalacrime; nello stesso tempo viene dichiarato apertamente che nessuno li è un eroe per ciò che fa e la regia sembra indugiare parecchio sui lati umani e, talvolta, sulle debolezze di chi parla (toccando l'apice, e quindi facendo il giro e rendendoli eroici, la coppia con lei clinica e lui chirurgo colpito da un ictus, ma ancora in Mozambico nonostante tutto).
Non sarà una pietra miliare, ma è decisamente un ottimo documentario.
Il film è stato anticipato dal corto "Shema". La produzione è la stessa di "Lyiza", altro cortometraggio con cui divide pregi e difetti, tranne l'incomprensibilità della storia. Fortunatamente "Shema" si capisce e il vantaggio non è indifferente. Quello che però più conto è l'idea produttiva alla base di entrambi; il progetto, nato in Ruanda, prevede la realizzazione di una serie di cortometraggi sugli effetti del genocidio ruandese; un tentativo di scendere a patti con il proprio recente passato decisamente encomiabile, che travalica la qualità delle opere stesse. Il fatto che ci sia sempre una certa attenzione per le inquadrature comunque non guasta.
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