venerdì 4 aprile 2014

Angoscia - George Cukor (1944)

(Gaslight)

Visto in dvd.

Una ragazza assiste alla morte della ricca zia senza riuscire a fermare (o identificare) il colpevole. Fugge in Italia dove rimane fino alla maggiore età. Lì divenuta cantante d'opera e donna nel contempo, decide di sposarsi e tornare a vivere a Londra nella casa della zia. Spoiler alert: non sarà una buona idea. Lì comincerà ad avere strane sensazioni, a dimenticare le cose e le azioni, a vedere e sentire cose che non esistono.

Detto così sembra un thriller interessantissimo e moderno; in realtà è evidente fin da subito chi sia il colpevole; eppure nonostante questo il film funziona.
Il cast enorme (tutti bravi, solo Cotten recita con il pilota automatico, ma è la parte a richiedere pochissimo sforzo) da vita al tormento di una donna, al suo scivolare verso la follia e all'apparente inesorabilità della cosa.
Curiosamente, nonostante tutto sia evidente fin da subito, è proprio quando viene svelato ufficialmente ciò che sta accadendo che il film perde forza; nel finale la tensione crolla completamente e ci si addentra pure in un paio di idee francamente imbarazzanti; ma il gigantesco gioco psicologico fatto nella prima ora e mezza non si può dimenticare così facilmente.

Cukor poi sorprende in maniera incredibile; il bianco e nero è di una grana affascinante (ma spesso mi succede d'essere affascinato dal B/N) Cukor passa oltre, gioca un poco con le ombre e con le luci, ma soprattutto decide di superare il noir e di giocare con gli elementi della scena mettendo in primo o secondo piano ciò che gli interessa mostrare assieme agli attori e si muove con brevi ma bellissimi movimenti di macchina che sottolineano la relazione fra gli oggetti, la tensione che aumenta, la claustrofobia.

Oscar alla Bergman che fa egregiamente la parte della matta tutta tesa a nascondere le emozioni che le traspaiono sul viso; e primo film di una giovanissima Angela Lansbury che riesce comunque a dire la sua.

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