mercoledì 23 aprile 2014

Grand Budapest Hotel - Wes Anderson (2014)

(The Grand Budapest Hotel)

Visto al cinema.

Una ragazza nel 2014 legge il libro di uno scrittore, che ne parla nel 1985; i fatti risalgono agli anni '60 e si basano sul racconto di un personaggio che si riferisce alle proprie esperienze come garzoncello del Grand Budapest Hotel negli anni '20.

Si era notato che Anderson si ispirava ai cartoni animati per il suo film, o quantomeno ne riproponeva gli stilemi in live action (personaggi in divisa, gesti convulsi, regia ortogonale spesso con carrellate laterali alla Flintstones). Fantastic Mr. Fox fu solo una presa di coscienza e, anzi, un'allontanamento dai canoni classici del proprio cinema e dei cartoons. Qui in questo film però Anderson va oltre e mette in scena in tutto e per tutto un cartone animato degli anni '30, demenziale, sincopato, rapido e con personaggi standardizzati (i cattivi in nero, i buoni sempre buoni) e surreali.

La cura nei dettagli è come al solito ottima, qui però si sfoga nel dare nuove interpretazioni alle stesse location (bellissimo però l'uso dello stile e dell'arte mitteleuropeo); gli abiti usati come divisa qui vengono portati alle estreme conseguenze (come si diceva i cattivi vestiti di nero; le divise degli alberghi tutte uguali solo di colori differenti, ecc...); le movenze agitate dei personaggi raggiungono nuovi picchi; la trama più surreale e più semplice di sempre; la regia ortogonale qui va a nozze con ogni scena, viene però introdotta e abusata la panoramica a schiaffo che da una velocità maggiore alle sequenze. Qui si aggiunge anche un citazionismo che nei precedenti non avevo notato, dall'inseguimento nel museo che sbeffeggia Hitchcock, al controllo degli alimenti in carcere preso paro paro da Il buco (o è Un condannato a morte è fuggito? questi due li ho mischiati nella memoria...).
Quello che però più stupisce è il ritmo esagerato del film; da quando parte la porzione di film principale è un susseguirsi ininterrotto di fughe, inseguimenti, lotte, talvolta interrotto solo da un ritorno al presente (il terzo presente) che serve davvero ad alleggerire un ritmo troppo serrato. Un piccolo gioiello di lungometraggio d'azione.

PS: Il cast titanico per nomi messi in campo (così tanti che mi è sfuggito Keitel) e per minutaggio di ognuno (incredibilemnte alto se si considera quanti sono) è più un segno della moda che circonda il regista che altro; rimane comunque un motivo in più per guardarsi il film.

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