(Rabbit proof fence)
Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Anni '30 il governo australino prende i figli mezzosangue degli aborigeni per farli diventare dei bravi bianchi in modo che, con le generazioni, ogni traccia di meticciato venga persa (questione spinosa che è rimasta attiva fino agli anni '70 del 900!!!). Due sorelle e la loro cugina decidono di fuggire da quella specie di orfanotrofio per tornare a casa a oltre 3000km (parlano in miglia quindi non son sicuro). Ce la faranno, a piedi nel giro di mesi, facendosi guidare dall'enorme recinzione che va da oceano ad oceano che serve a tenere i conigli lontani dai campi coltivati.
Phillip Noyce gira con un rigore encomiabile, senza guizzi, tutto concentrato sulla storia e sui paesaggi (lo so che è quasi un luogo comune far parlare i paesaggi in un film australiano, ma qui è la storia di un viaggio in mezzo ad un deserto da parte di tre bambini!), con una fotografia ben curata; si concede solo l'utilizzo della soggettiva per tentare una maggior amplificazione delle emozioni, la usa molto, ma sempre in momenti utili. La storia si muove nella prima parte (che potremmo definire rapimento e carcere) in maniera inutile e totalmente accusatoria (siamo tutti d'accordo che i bianchi idioti abbiano commesso un'infamia, ma proprio perché siam tutti d'accordo si potrebbe evitare di mostrare il gretto e freddo funzionario che compie il suo dovere); ma nella seconda, dove il viaggio diventa inseguimento a distanza (distanze siderali), fatto di piccole arguzie, incontri fortuiti, piccoli colpi di sfortuna, tutto a misura di bambini (un tono un poco sognante riempe ogni scena) e tutto incredibilmente arioso e ampio, lento e tranquillo anche nei sussulti.
Non un film perfetto, ma un'opera ammirevole che fa dell'inseguimento un "luogo dell'anima" (se mi si passa l'usurata espressione fuori contesto).
PS: ovviamente c'è l'immancabile David "The tracker" Gulpilil che fa la sua porca figura
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