lunedì 28 aprile 2014

È stato il figlio - Daniele Ciprì (2012)

(Id.)

Visto in DVD.

Una bambina muore per sbaglio per una pallottola vagante; questo omicidio viene sfruttato dalla famiglia, fingeranno che la bimba sia morta per mano della mafia per avere un risarcimento dallo stato. La famiglia comincia a spendere i soldi che non ha, contrae debiti e deve rivolgersi ad uno strozzino. Quando finalmente i soldi arriveranno verranno spesi per comprare una macchina.

Che Ciprì, anche in coppia con Maresco sia interessato in primo luogo ai corpi (secondariamente ai visi) è cosa nota; ma qui estremizza, l'obesità, la magrezza estrema o i muscoli, l'andatura sbieca o ingobbita, i sorrisi tirati e le posizioni delle braccia (ma anche nanismo, voci stridule e la semplice accozzagli di corpi sempre vicini gli uni agli altri) sono tutte maschere che delineano il personaggio in maniera chiara. Un tale estremismo che lo mette sullo stesso piano di Jared Hess (di cui condivide anche la cura per la fotografia e l'ambientazione vintage) con gli stessi ottimi risultati.
Che Ciprì sia interessato alle immagini è evidente in ogni scena; al di la della fotografia strepitosa, la scelta delle location, è incredibile; tutto è bellissimo, le discariche, i condomini alveari, le spiagge e le navi in demolizione, tutto è estetizzante; allo stesso modo in cui i suoi personaggi sono dei bellissimi freak anche il mondo che li circonda li rispecchia, c'è un degrado enorme, ma è un degrado simmetrico e ordinato. E in tutto questo anche le persone entrano a far parte dei luoghi; se i corpi dei protagonisti sono utilizzati per parlare, ci sono dei veri e propri monoliti all'interno della vicenda (il vecchio in mezzo allo spiazzo del condominio, la bambina che chiede di giocare) che hanno il solo scopo di delineare un luogo, come gli oggetti che li circondano; splendido.

In questa selva di scelte estetiche, la macchina da presa si muove di conseguenza, niente invenzioni definitive, ma una pedissequa ricerca della bellezza dell'immagine, seguendo i personaggi, inquadrandoli dal basso, mettendoli in secondo piano, mettendo in risalto i tic o le deformità, inquadrandoli dentro a cornici o allontanandosene con carrelli continui.
Fa di tutto Ciprì e prima ancora di una vicenda grottesca fatta di piccole persone che sopravvivono senza uno scopo ce le mostra; ce le fa percepire in maniera precisa; non ha bisogno di dire nulla perché le immagini parlano perfettamente. Di fatto una prosecuzione dei lavori precedenti, ma più godibile (più commerciale se vogliamo, ma nel senso migliore) e sempre impeccabile a livello tecnico.

Infine la trama; un racconto di un racconto in cui il narratore parla con un pubblico (è in fila in posta) senza però che sia chiaro a chi si rivolge (sempre che si rivolga a qualcuno e non solo a se stesso); la storia raccontata è un grottesco estremo dove nessuno degli eventi narrati è accomodante, buono o consolatorio; tutto e tutti i protagonisti, persino le vittime (si pensi alla bambina uccisa che è una piccola stronza), sono negativi. Una storia di per se terribile, trattata con i toni e i ritmi di una farsa riuscitissima, con una galleria di personaggi epici per buffoneria.

Infine il cast, perfetto, dove risalta Servillo; non perché migliore degli altri, ma in quanto attore più famoso, completamente irriconoscibile nelle smorfie del suo personaggio.


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