mercoledì 17 settembre 2014

Taxidermia - György Pálfi (2006)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Tre episodi di tre generazioni.
Nel primo, inizio novecento, un soldato (che non combatterà mai) deve sottostare agli ordini del comandante amante del sesso, purtroppo il soldato è un masturbatore compulsivo e ne ricaverà solo danni.
Nel secondo, il figlio (surreale) del soldato è un campio nazionale (ungherese) nelle gare di chi mangia più velocemente, con l'amico e collega si contenderà l'amore di una donna.
Nel terzo, il figlio dello "sportivo" si prende cura dell'obesissimo padre e porta avanti il suo lavoro di tassidermista fino alle estreme conseguenze.

Film surreale, ma costruito in maniera talmente verosimile (coprattutto nella seconda parte, dove lo "sport" è trattato con una serietà magnifica) che lo fa sembrare una sorta di realismo magico cinematografico.
Il film è un dramma di persone sole e tradite, ma con il ritmo di un nerissimo film grottesco, diverte mentre si ride degli abissi di sozzura di quelle persone. In ogni caso, è fuori discussione che Pálfi voglia colpire duro (e molto scorrettamente) mostrando scene esplicite di sesso, vomito a getto, sezione di corpi e atti violenti, ma anche questo lo fa con una naturalezza ed una cura dell'inquadratura da far sembrare tutto naturale e (fino ad un certo punto) tollerabile (la vivisezione finale, il vomito ed il rapporto sessuale sopra il maiale ucciso sono così ben realizzati da essere ineccepibili dal punto di vista formale).
Quello che però vince è la forma. Un film che ha molto in comune con un Hess (la fisicità dei personaggi, la cura maniacale nel mostrare i limiti dei perdenti e l'altrettanto maniacale cura della fotografia e della costruzione delle scene ), ma molto più estremo. Da Hess di distacca notevolmente (oltre che per la storia) per gli enormi movimenti di macchina; la macchina da presa fa di tutto, carrellate e panoramiche (nel primo episodio c'è una carrellata laterale per mostrare il tempo che passa e l'andamento della storia e una panoramica a schiaffo verticale per lo stacco temporale), dettagli voyeristici insistiti; tutto questo unito ai colori attentamente scelti (nella seconda parte il rosso comunista) e la già citata cura nella disposizione dei personaggi (e dei loro corpi) crea un film esteticamente bellissimo.

Un film fatto di carne in ogni senso: nel primo capitolo come oggetto sessuale (bellissimo in quest'ottica il rapporto sessuale con la carne dei due amanti che viene affiancata con un rapidissimo montaggio parallelo, alla carne del maiale appena ucciso, che va a ricollegarsi con il terzo capitolo), nel secondo dove la carne diventa corpo, sport, cibo e grasso; nel terzo dove la carne viene declinata nella morte e nella vivisezione. Il significato di questo film (se c'è) è piuttosto superfluo.

Astenersi stomaci deboli o spettatori dalla morale sensibile.

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