venerdì 9 marzo 2018

Acciaio - Walter Ruttmann (1933)

(Id.)

Visto in Dvx.

Film fortemente voluto da Mussolini per enfatizzare la potenza dell'industria siderurgica italiana. Per la realizzazione si impose anche nelle scelte tecniche, pertanto Pirandello fu mandato a Terni a studiare le ambientazioni e scrivere la sceneggiatura. Mussolini si impose anche nella scelta di Ruttmann come regista (che dovesse essere tedesco era logica diplomatica, ma i produttori gli avrebbero preferito Pabst, mentre Pirandello stesso scrisse a Eisenstein per cercare di coinvolgerlo).
La vicenda produttiva è piuttosto nota, con Ruttmann che, assieme a Mario Soldati che sventra il plot originario mettendo i personaggi in terza fila in favore dell'ambiente ammazzando la trama, ma arricchendo le riprese. Quello che ne viene fuori è un film risibile per la storia raccontata, assolutamente fuori dai canoni fascisti (non c'è ideologia o propaganda neanche a cercarla e l'epica della fabbrica viene lievemente minata da un'acciaieria che è sia elemento potente, sia macchina infernale) e, tecnicamente, una delle opere più interessanti di quel decennio.

Ruttmann infatti si trova per la prima volta ad affrontare un film a soggetto e per farlo elimina il soggetto (rimane solo un lui, lei l'altro banalotto) in favore di un documentarismo carico di enfasi e di significati che sfocia spesso nell'arte visuale. Rimane in definitiva quell'amore per le geometria e il dinamismo che accompagnano il regista tedesco dal suo "Opus".
Le intenzioni e le abilità di Ruttmann per tutto ciò che non è recitazione sono evidenti nelle sequenze dove gli attori devono dire le battute per far avanzare di un poco la vicenda; sequenze imbarazzanti e sostanzialmente risibili.

Il film risulta diviso in quattro tempi nonostante il minutaggio contenuto. Nella prima parte Ruttmann mostra la fabbrica come un'estensione di "Berlino: sinfonia di una grande città"; un Balletto meccanico notevole per giochi di montaggio e ritmo. Nella seconda parte la fabbrica diventa speculare alla fiera di paese facendo vivere la sequenza di continui accostamenti. Nella terza parte (certamente la più ripetitiva), la fabbrica è lo scenario e lo strumento di un duello. Nell'ultima parte la fabbrica è resa palpabile solo dai suoni, le immagini, che vivono di continui movimenti di macchina, si alternano fra gli operai che entrano a inizio giornata e i sogni di un futuro diverso del protagonista.
Vanno però ricordati anche, l'incipit dove i due fidanzati vengono letteralmente presentanti (con nome e cognome) in maniera intelligentemente indiretta (permettendo di realizzare la bellissima sequenza della prostituta che mostra solo le braccia); nonché l'uso dell'acqua del fiume che collega gli "innamorati" a distanza.

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