(El secreto de sus ojos)
Visto in tv.
Un omicidio con stupro avvenuto nel 1974, le indagini condotte fuori dai canali ufficiali portano a un sospettato, che però riesce a sfuggire. 25 anni dopo lo stesso procuratore vuole scrivere un libro su quella vicenda, aprendo di nuovo ferite mai rimarginate, ma non solo quelle legate all'omicidio.
Il film originale, vincitore di un Oscar, che ha dato l'abbrivio all'omonimo film americano qualitativamente mediocre.
Decisamente questo, invece, è un ottimo film che si muove su più piani.
Come Thriller funziona alla perfezione. La trama si regge sul dettaglio della foto, un'idea inverosimile, ma usata nel modo giusto, funzionale per la trama senza affossare la credibilità complessiva. L'indagine, tutta svolta nel passato, lascia però dei buchi che si vanno ampliando nella linea temporale contemporanea. Il thriller si compone anche di una serie di colpi di scena (almeno due) che rendono realmente imprevedibile lo sviluppo della storia.
Ma oltre al thriller c'è una storia d'amore, nominata all'inizio, ma poi sempre mostrata in via indiretta e mai dichiarata con la coppia di protagonisti strepitosi nel mostrare sentimenti trattenuti e suggerendo quello che nella versione americana viene costantemente dichiarato. Questa seconda storia, che è il vero motore immobile dell'intera vicenda (e determina la lente deformante con cui ognuno dei personaggi guarda al passato), è il vero valore aggiunto di un thriller che altrimenti sarebbe piuttosto semplice.
Interessanti le due linee temporali, utili ai fini dei colpi di scena, ma anche e soprattutto a creando un distacco, una portata esistenziale alle due vicende davvero ragguardevole. Inoltre la parte romantica della vicenda, come già detto, risulta la lente originale attraverso cui questo passato viene filtrato aumentandone i significati.
Inoltre il film si compone di un dettaglio non indifferente; i personaggi di contorno. L'ecosistema all'interno degli uffici è ricreato in maniera incredibilmente verosimile, con una serie di personaggi di contorno che, con poche battute, riescono a dare il senso di una psicologia completa e della complessità dei rapporti sociali. Ovviamente su tutti regna il goffo collega alcolista dalle intuizioni geniali.
Ultimo dettaglio, che dettaglio non è, la regia. Per lo più buona, sembra lavorare molto sulla fotografia (calda, avvolgente, un tantino eccessiva) e abbastanza sulla costruzione delle scene, ma senza esagerare. Da lodare la famosissima scena dello stadio, un lungo piano sequenza aiutato tantissimo dal digitale che rappresenta più una prova muscolare delle capacità dell'industria cinematografica argentina che non un guizzo d'autore; tuttavia rimane una manovra gustosissima che è un piacere da guardare.
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