venerdì 9 agosto 2019

Cesare deve morire - Paolo Taviani, Vittorio Taviani (2012)

(Id.)

Visto in Dvx.

Nel carcere di Rebibbia vogliono mettere in scena il "Giulio Cesare" di Shakespeare. Data la rpesenza di alcuni lavori di rinnovamento nel teatro interno, la compagnia (con attori scelti tra i detenuti) dovrà fare delle prove itineranti nei vari spazi del carcere. Col progredire delle prove verrà messa in scena l'intera vicenda che mostrerà la sua attualità e continui collegamenti con la vita degli attori/detenuti.

Nel portare al cinema il teatro (specie il dietro le quinte) non c'è niente di più banale che mostrare quanto un testo di 500 anni abbia connessioni con attori contemporanei. I fratelli Taviani non si discostano di un millimetro, ma lo fanno magnificamente.
Partono dal finale dell'opera portata in scena ufficialmente. Lo spettacolo finisce, gli attori tornano nelle proprie celle; il film vira in bianco e nero e ricomincia dal casting con un climax emotivo pazzesco nella sequenza della scelta degli attori che fa il paio con il climax dell'intero film.
Il progredire del film si muove con le prove interrotti dagli attori che parlano di sè (recitando peggio che nella finzione teatrale) prendendo le distanze dall'opera aumentandone la metacinematograficità; a mio avviso questo gioco di specchi è forse la pecca del film (troppo pretenzioso, troppo finto), ma viene centellinato e, quasi sempre, gestito talmente bene che diventa utile a interrompere un flusso che avrebbe reso il film solo una rappresentazione shakespeariana.
Il vero pregio però sono le scelte estetiche, in primo luogo degli spazi. Le location utilizzate vanno in un crescendo di dimensioni, senso e coinvolgimento del resto del carcere con un utilizzo effettivo del luogo dove ci si trova (bellissimo i monologhi sul corpo di Cesare dove Bruto e Antonio sono nel cortile mentre la folla di romani li guarda da dietro le sbarre delle finestre del carcere).
Ovviamente c'è un lavoro importante nella scelta degli attori, non impeccabili, ma tutti (o quasi) adatti alla parte; oltre a una regia puramente cinematografica che cura le inquadrature per mettere in relazione fra di loro i personaggi con le profondità di campo (si pensi alla scena di Cassio e Bruto che guardano Cesare rifiutare la corona d'alloro) e i personaggi con il luogo con la costruzione della scena.

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