giovedì 5 agosto 2010

La donna che visse due volte - Alfred Hitchcock (1958)

(Vertigo)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Un poliziotto (Stewart) è costretto alla pensione a causa delle vertigini. Verrà contattato da un suo vecchio amico perchè sorvegli la moglie a causa di svariati sospetti di un suo possibile suicidio; ben presto il poliziotto si innamorerà della moglie, ma non riuscirà ad impedirne il suicidio. Disperato, troverà una ragazza identica alla morta, e lui la costringerà a vestirsi e truccarsi per assomigliare sempre più all'amata perdute. Ma ovviamente c'è un mistero, anzi un delitto.

Film sui generis nella produzione di Hitchcock, molto più metafisico di chiunque altro, non solo per l'accenno soprannaturale ma anche per lo svolgimento e l'interpretazione. Anche qui c'è un delitto, anzi il delitto perfetto; ma è in un assoluto secondo piano, completamente dimenticato tanto dai personaggi quanto da chi guarda il film. Quello che conta in questo film è la passiano accecante che investe Stewart, tanto da non fargli capire di essere stato usato. Sulla questione hanno scritto in tanti e il concetto che più spesso è esposto è quello del lato oscuro della mente, raggiunto in questo caso dalla passione, dall'amore (concetto molto ironico) e di cui la vertigine è semplicemente una metafora esposta; lato oscuro che annulla la volontà o la razionalità in favore dell'oggetto del proprio desiderio.
Questo concetto che mostra la passione come una perversione della mente trova quindi logico il finale dove la morte avviene in un campanile a causa dell'arrivo di una suora, simboli piuttosto evidenti.
Il film è quindi la discesa agli inferi di un uomo che non riesce a resistere ai suoi impulsi e che ha perso il contatto con la realtà; le prime parole che vengono dette infatti sono "dammi la mano" e vengono rivolte proprio a Stewart per cercare di salvarlo dalla morte, ma Stewart non riuscirà a prendere quella mano; inoltre il suo unico contatto con la realtà è il personaggio interpretato dalla Geddes, personaggio che verrà messo sempre più in disparte a causa dell'avvicinamento tra Stewart e la Novak.

Un film, soffocante, con uno Stewart costantemente eccessivo, nella passione per la donna, nel plasmare la ragazza incontrata; sottolineato da alcune invenzioni di regia davvero notevoli. Su tutte i baci sempre abbracciati da una macchina da presa che gira intorno agli amanti; con la visualizzazione delle vertigini realizzate con uno spostamento indietro della macchina e uno zoom in avanti contemporaneo (immagine che ha fatto scuola ed è stata poi copiata da tutti) nonchè una scena onirica ai limiti del ridicolo, ma che fa un uso notevole del colore (e siamo solo nel 1958) e che sembra prevedere lo stile psichedelico che si formerà solo 10 anni più tardi.
Il titolo italiano è certamente bello, ma risulta completamente avulso dal significato e dal mood del film.

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