lunedì 16 gennaio 2012

The artist - Michel Hazanavicius (2011)

(Id.)

Visto al cinema. Nel 1927 un attore del cinema muto ha il suo momento di gloria. Incontra e lancia una giovane attrice, la quale si invaghisce di lui e gli rimarrà legata. Gli anni passano, arriva il sonoro, l’attore non riesce ad accettarlo, produce a sue spese un costosissimo film… ovviamente muto. Sarà un fiasco, verrà abbandonato e dimenticato, tranne che dalla ragazza da lui scoperta che nel frattempo raggiungerà l’apice della sua carriera. Quando le cose sembreranno ormai ridotte all’osso arriverà il geniale momento del rilancio.

Ovviamente tutti sanno che questo è un film tendenzialmente muto (salvo qualche rumore e pochissime parole nel finale, che tralaltro chiariscono il perché della reticenza del protagonista nel fare film sonori). Ma, grazieaddio, non è un nerdissimo tentativo di riproposizione delle glorie del passato adatto solo a 5 cinefili diversamente cool (si esatto sto proprio pensando a quello che avrebbe dovuto essere “Intrigo a Berlino”… poi per fortuna Soderbergh si è sbagliato e ha fatto un film moderno intricato, ma accettabile).
E invece no! Hazanavicius invece no. Lui utilizza il muto come mezzo per parlare di un periodo (quello del passaggio al sonoro), esattamente come sceglie di usare il bianco e nero; lo utilizza per sfottere il pubblico stracciandone le aspettative (l’applauso nel cinema all’inizio che ci si immagina senza né vederlo, né sentirlo e senza neppure vedere la reazione nel volto dei personaggi; o le battute del protagonista che fanno ridere i giornalisti, o nello splendido utilizzo del cartello con BANG!) dimostrando di aspettarsi un certo impegno anche da parte di chi guarda… e poi ok, c’è pure un certo spirito nerd, ma appena il giusto. Inoltre la scelta del muto è un modo di utlizzare i suoni, eliminandoli esalta i momenti in cui vengono utilizzati; la scena del sogno è quanto di più straniante abbia realizzato. Di fatto il muto è solo una delle componenti che devono rendere un clima, esattamente come le musiche d’epoca, il volto del protagonista (molto retrò) nonhcè la storia da commedia romantica decisamente old style. Poi però tutto il resto è un film moderno decisamente ben realizzato (la regia, la recitazione, la comicità, ecc…).

Bello anche il fatto che questa è una delle poche commedie romantiche dove l’amore tra i due protagonisti è palese, ma mai espresso a parole o con le scene, ma solo con la storia e con mille delicatezze (la scena in cui scatta la scintilla fra i due fatta attraverso una serie di ciak sbagliati tutto mostrato dagli sguardi; o il momento in cui lei si abbraccia con la giacca di lui).

Cast eccezionale con un Dujardin mattatore assoluto, caricaturale il giusto per sembrare un attore del muto, ma non troppo da non sembrare sempre naturale. Comparsata di McDowell e parti date ad honorem a Cromwell e Goodman.
Che altro?... bravo pure il cane.

PS: si ok lo ammetto, nella seconda metà tira un poco il freno a mano e ho avuto una piccola serie di colpi di sonno, ma io sono uno che si addormenterebbe anche su un cactus...

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