venerdì 6 maggio 2016

Anomalisa - Charlie Kaufman, Duke Johnson (2015)

(Id.)

Visto al cinema.

Un guru della gestione dei clienti di mezza età deve tenere una convention a Cincinnati. Trovandosi da solo in albergo decide di chiamare una sua vecchia fidanzata lasciata in malo modo; l'incontrò finirà malamente e in poco tempo. Tornando in albergo incontrerà due sconosciute arrivate in città proprio per assistere al suo discorso. Una delle due sarà completamente diversa dalle altre persone; passeranno la notte insieme, ma la mattina dopo sarà diventata come tutti gli altri.

Partiamo dall'essenziale. Il livello di animazione è perfetto, l'animazione stessa è utilizzata come mezzo espressivo e non come mera idea per dare un twist alla carriera. I pupazzi con un pezzo di volto sempre uguale, con la parte della bocca che può staccarsi e con la loro naturale fissità, danno senso al film prima ancora della trama.
La regia è buona, piuttosto invisibile, ma incredibile nel lavoro di rendere interessante e non noioso una trama che per almeno metà gira a vuoto senza far succedere nulla.

....perché poi, ovviamente, Kaufman è uno sceneggiatore, e rimanendo dalle parti dei film precedenti, qui si stacca dalle ellissi e dalle metafore esagerate e descrive una storia minima in maniera minimale. Per oltre metà si segue la serata solitaria di un uomo in preda alla sua solitudine, l'ansia per le decisioni sbagliata nel suo passato, l'ansia per il suo presente vuoto, ma soprattutto alla ricerca di qualcosa di diverso, di qualcosa che gli dia speranza. Quello che fa vincere questo film è che Kaufman non da risposte, non allevia l'ansia, la vive, la accetta, e prosegue.
Quello che fa vincere questo film è che la serata noiosa di un uomo minuscolo a Cincinnati riesce ad avere l'ariosità di una trama universale.
Quello che fa vincere il film è l'incredibile concentrazione di sentimenti che permea ogni inquadratura senza essere mai stucchevole.

Non avrà l'inventiva di "Eternal sunshine", il titanismo di "Synecdoche", il gioco a incastri di "Essere John Malkovich", ma riesce a concentrare gli stessi sentimenti in una storia più semplice e incredibilmente verosimile.

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