venerdì 8 giugno 2018

Porcile - Pier Paolo Pasolini (1969)

(Id.)

Visto in Dvx.

Due storie parallele.
In un luogo senza tempo un vagabondo diventa brigante per uccidere e passanti e mangiarli; verrà braccato e condannato.
Nell'epoca attuale un industriale tedesco fa accordi con un suo concorrente per mantenersi sulla cresta dell'onda accettando disinteressandosi del suo passato nazista; nello stesso momento il figlio dell'imprenditore è in crisi personale.
Due storie che si alternano senza mai incrociarsi neppure superficialmente. Più che un unicum nei contenuti si fanno da specchio l'una dell'altra per definire un mood, un ambiente, una sorta di prosa rafforzata da una poesia che ne dia il senso senza averne il contenuto o la metrica (anche se in questo caso è difficile dire quale sia la prosa).

Più che impossibile (anche se sicuramente difficile) mi sembra inutile cercare di dare un significato a ogni dettaglio. Il film gira comunque dalle stesse parti della poetica di Pasolini di quel decennio partendo (per location) proprio dove il precedente "Teorema" finiva, fino al gusto per la critica al sistema borghese (ma anche la presa in giro di un certo modo di protestare di quegli anni).
Il film comunque si muove su altri binari, condotto con attenzione dietro la macchina da presa; per lo più fissa con inquadrature geometriche e primi piani nelle sequenze in villa e dinamica con ampie panoramiche e campi lunghi per quella del cannibale. Come spesso succede in Pasolini le location sono determinanti a dare la cifra all'intera vicenda svolta e sono, semplicemente, bellissime.

Quello che però non mi ha convinto affatto è che Pasolini costruisce un film a tesi allegorico, ma totalmente frontale, che non nasconde il suo essere una lunga spiegazione sul cosa non va nel mondo, semplicemente lo fa in una lingua sconosciuta; l'effetto finale è dunque di un lungo sermone poco comprensibile, silenzioso in una delle sequenze, quasi sempre declamato e quasi mai recitato nella seconda.

PS: più affascinante ed inquietante la locandina realizzata dalla Cineteca di Bologna (qui sotto), ma in realtà piuttosto fuorviante.

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