(Id.)
Visto al cinema.
La storia d'invenzione basata sul delitto del canaro; un uomo semplice, vessato da un bullo fuori età (sono tutti adulti) e "costretto" a compiere rapine e tradimenti, perfettamente inserito in un contesto sociale periferico in cui ci si trova. Quando il mondo in cui vive lo rigetterà per le azioni dell'altro si vendicherà.
Partito da un efferato fatto di cronaca che poteva essere uno slasher efferato o un lisergico viaggio nel lato oscuro; Garrone, invece, declina la vicenda (edulcorata) in uno dei suoi film con più sentimenti positivi.
La vicenda è un dramma nerissimo e senza speranza ambientato in una periferia geografico che lo è anche socialmente; ma i sentimenti del protagonista sono tutti, sempre positivi.
Il dogman del titolo è un uomo che ama a dismisura sua figlia a cui darebbe tutto ciò che ha, ama i suoi amici e colleghi con cui ha un rapporto di rispetto reciproco e su queste due colonne ha basato la sua vita, una vita da sconfitto che non si percepisce come tale proprio per la richezza emotiva. Addirittura, il protagonista, ha un affetto immotivato per il suo vessatore, anche lui è suo amico, anche lui fa parte del suo mondo e a lui è legato quanto agli altri e sarà proprio questo affetto il motivo della perdita dello status quo.
Un film di buoni sentimenti e delle estreme conseguenze di un uomo che vuole riacquistare l'affetto degli altri.
Ovviamente poi c'è il solito lavoro sull'ambiente e sugli attori. Ogni film di Garrone parte da questi due elementi che fanno da base anche più della trama (che molte volte risulta minimale).
Dopo la parentesi levigata de "Il racconto dei racconti" (che per il suo tono apertamente favolistico si è appoggiato ad attori di fama internazionale) si ritorna a costruire i personaggi su attori dal fisico particolare, riconoscibile e non canonico (incredibile la performance di Fonte, davvero ottimo, ma anche i comprimari, su tutti un irriconoscibile Pesce) che sembra nato e perfettamente sagomato per l'ambientazione.
La location, invece, non è mai sata messa in secondo piano (neppure ne "Il racconto dei racconti") e rappresenta (anche) qui parte integrante della vicenda, come specchio della società che vi abita, come ambiente western di vite di provincia e come mero scenario per scaricare le proprie emozioni.
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