(La règle du jeu)
Visto in Dvx.
Per festeggiare un famoso aviatore appena tornato dalla sua ultima impresa, un nobile offre un weekend di caccia e divertimenti in una sua villa in campagna; alla festa verrà invitata anche la sua amante e l'aviatore si scoprirà presto essere innamorato della padrona di casa; a complicare il quadro vi sarà anche l'amore fedifrago della servetta moglie del guardiacaccia. In mezzo a questo romanzo d'appendice rimane sospesa la tragedia del finale.
Film sui generis; Renoir molla il suo verismo cinematografico e si da alla farsa o, per meglio dire, alla "fantasia drammatica". In effetti alla fine della visione quello che rimane più impresso è come in questo feuilleton si inserisce un dramma autentico e non smorzato dal tono avuto fino a quel momento; un twist nel ritmo che potrebbe giustificare in parte il fiasco al botteghino all'epoca.
Il film per tutta il resto del minutaggio sembra la base su cui verrà costruito anni dopo "Gosford Park"; nobili e servitù sotto lo stesso tetto, amori e intrighi che si intrecciano, comicità smaccata affiancata a un'ironia più sottile, il tutto condito con qualche personaggio più sfaccettato degli altri consapevole di ciò che accade e con negli occhi la tristezza (la Gregor ovviamente).
Durante la visione però quello che colpisce è altro; dialoghi rapidi e ben costruiti pur senza sfociare nella logorrea delle screwball comedy; montaggio da elogiare per la perfezione nonostante la rapidità; ma su tutto vince la libertà di Renoir con la macchina da presa, panoramiche a schiaffo e circolari, carrelli improvvisi e secchi, inquadrature dal basso, primissimi piani perfetti e densissimi, fuoco molto profondo con scene costruite su più piani, macchina da presa a inseguire i personaggi fino al gioco delle coppie durante la recita in cui la macchina da presa sembra letteralmente danzare con i personaggi in fuga.
Paragonare a Welles non è del tutto calzante, ma certamente qui c'è gran parte di quella libertà che di li a tre anni il regista americano vorrà prendersi.
PS: Renoir recita nella parte Octave, l'amico di tutti.
2 commenti:
Come stile è eccezionale, ma come contenuti, secondo me, lo si apprezza sempre di più con ripetute vizioni. E magari contestualizzandolo all'epoca in cui uscì (la seconda guerra mondiale stava per "spazzare via" proprio quella società e quei personaggi di cui il film parla). Personalmente, poi, ho apprezzato moltissimo i rimandi a "Le nozze di Figaro". Comunque sì, è un capolavoro.
purtroppo sono quasi totalmente digiuno di lirica, quindi rimandi che dici temo di averli persi...
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