(Tri pesni o Lenine)
Visto in DVD. Abbastanza tempo dopo la morte di Lenin (1924) fu commissionato questo film di propaganda a Dziga Vertov, personaggio non proprio allineato e non proprio ben visto; quello che ne risulta è un documentario conformista piuttosto tarpato (le innovazioni del regista non erano adatte ad un film che doveva essere molto più mainstream); ma tutto sommato presenta diversi punti di interesse.
In primo luogo si nota quanto Vertov sia rimasto al cinema muto; questo tutto sommato è un film che comunica per lo più con dei cartelli e solo in minima parte con sequenze parlate.
Dal suo modo di fare cinema, Vertov, porta con se il montaggio che suggerisce, più che comunicare direttamente e un gusto tutto proiettato alle immagini di vita vera con totale assenza di attori professionisti. In questo senso la scelta di fare un documentario di propaganda permise al regista di fare ciò che aveva sempre fatto senza incorrere in pericoli; suddivide il film in tre canti che documentano, la situazione del Kazakistan prima e dopo l’intervento leniniano; la morte e i funerali di Lenin e la reazione della gente; il dopo Lenin, il modo in cui la nazione reagisce e lo stato delle cose in quel momento.
Oltre all’idea di base di cinema che comunichi come arte a se, il film si pregia di una serie di scene ben costruite, esteticamente pensate, e qualche (poche) idee originali alla Vertov, come la serie di immagini fisse a seguito degli spari dei cannoni durante il funerale, come a indicare la cristallizzazione della nazione in quel momento di profondo dolore.
Paradossalmente questo filmetto di neanche un’ora, sonoro, risulta più noioso e meno godibile de “L’uomo con la macchina da presa”.
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