Registrato dalla tv, in lingua originale sottotitolato.
Nel 1968 Parajanov realizzò “Il colore del melograno”, considerato il suo capolavoro, opera in cui estremizzò
il suo stile fiabesco. Questo cambio di marcia, nonché un’aperta opposizione al
regime (sarà firmatario di una protesta contro l’arresto di alcuni
intellettuali) lo portò a non avere più
il permesso di girare fino al 1984 (con un periodo di detenzione in un campo di riabilitazione), quando riuscì a portare al cinema questo
film.
Un uomo abbandona la donna amate
per fare fortuna in terre lontane, giungerà con un mercante, anch'esso con un
passato di fuga, riuscirà nel suo intento e si unirà ad un’altra donna da cui
avrà un figlio. A distanza di anni il suo primo amore, ormai avvizzito diverrà
un’oracolo molto quotato a cui si rivolgerà anche il re per sapere come può
riuscire a mantenere in piedi la fortezza del titolo, che si ostina a crollare
rendendo deboli le sue difese; la donna suggerirà di murare viva una persona
all'interno delle mura, il figlio dell’uomo che lei amò un tempo (il figlio che
lei non ha mai avuto) si offrirà d’essere lui la vittima.
Un dramma storico, come sempre
intriso di folklore locale, ma con una cadenza ed un respiro ampio da tragedia
greca.
Per lo stile invece, questo film
condensa in parte quanto già detto per “L’ombra degli avi dimenticati”, ma
sembra essere più geometrico, più stilizzato; la costruzione delle inquadrature
è più ingegneristica che poetica e molte sequenze sembrano ridursi a spezzoni
teatrali… spezzoni teatrali pieni del simbolismo criptico di Lynch e
dell’onirismo di Fellini. Inoltre la storia si muove in maniera più caotica del
precedente (che comunque lineare non era) e non essendo mitigata da scelte
estetiche potenti come quelle troppo spesso traspare quello che è il rischio
principale nel cinema di Parajanov; la noia.
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