lunedì 17 dicembre 2012

L'età dell'innocenza - Martin Scorsese (1993)

(The age of innocence)

Visto in Dvx.

Continuo a sostenere che il periodo migliore (per qualità, quantità e costanza) della carriera di Scorsese siano stati gli anni ’90 (magari allungandoli dalla metà degli anni ’80); e questo film c’entra a pieno titolo.
Nella comunità upper class, estremamente chiusa, formale e snob (molto più che nella vecchia Inghilterra) della New York di fine ‘800 giunge Michelle Pfeiffer che ha lasciato il marito; problema socialmente impossibile da risolvere. Proveranno a darle una mano (sempre socialmente) la neo-coppietta formata dalla Ryder e Day-Lewis. Ovviamente quest’ultimo si innamorerà della donna e sarà un continuo inseguire e allontanarsi, perdersi e riallacciarsi fra tutti i membri della famiglia; fino al finale dove una menzogna presa per vera (e poi avveratasi) farà in modo di concludere il tutto, mentre l’intera storia d’amore sarà trasformata in una menzogna mai avverata.
In definitiva densissimo film sull'apparire declinato sotto ogni forma, dalle consuetudini, all'estetica fino al concetto di verità come superficie delle cose.

In tutto questo parlare di apparenza è evidente che Scorsese non poteva restarsene al di fuori e se Kubrick con il suo “Barry Lyndon” volle provare a ridurre un epoca in un quadro, qui il regista vuole rendere tridimensionale quel quadro (che poi vuol dire fare un film) e nel dargli profondità si muove con una mdp sinuosa, indugia sui dettagli dell’arredamento e del vestire, indugia sul cibo (mai come in questo film, costumi e messa in scena globale hanno avuto peso nella filmografia di Scorsese), mostra tutto con uno spirito documentaristico ad un passo dal voyer, ma con lo stile che gli è consueto.
Di fatto cambia poco da “Quei bravi ragazzi” a questo film, i carrelli, i colori, i dettagli, tutto è usato nello stesso modo, cambia il ritmo. In questo film Scorsese rallenta, è sempre presente, ma si muove con calma, si prende i suoi tempi, indugia sulla superficie (l’apparire). Si muove con una tale grazia che potrebbe, talvolta, sembrare assente, eppure già nei pochi minuti iniziali si vede che il film non è uno dei soliti fatti da Ivory, che c’è qualcosa in più.
Va sottolineato come tutto il cast sia impeccabile, se questo è ovvie per Day-Lewis, è meno scontato per le due comprimarie, dalla Pfeiffer anch’essa nel suo periodo d'oro, alla Ryder ormai abbonata ai ruoli di giovincella frigida in costume. 

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