(La grande bouffe)
Visto in Dvx.
Quattro amici si chiudono nella casa di uno di loro per suicidarsi a forza di cibo; mangiano in continuazione manicaretti fino a scoppiare. Tra i quattro serpeggeranno crisi e risentimenti, ma soprattutto determinazione ad arrivare fino in fondo.
Denuncia sociale del capitalismo e della società dell'epoca o semplice affresco grottesco di quattro persone paradossali? Con Ferreri tutto è possibile.
Bisogno ammettere che il senso di nausea e di eccesso è reso magnificamente da questo continuo mangiare in maniera ininterrotta, anche preferendolo al sesso (sesso richiesto invece da Mastroianni, tanto per cambiare).
Il vero punto di forza del film però sono i quattro attori, perfetti, ognuno a interpretare una psicologia che, mi sembra, rappresenta una versione distorta di sé stessi (Mastroianni donnaiolo, Tognazzi che cucina, Piccoli intellettuale ascetico, Noiret bambacione), bravi a sostenere con un ninete una storia ripetitiva...
SI perché, come spesso in Ferreri, il limiti è l'idea stessa. Anzi l'intero film vive di un'idea sola e la sceneggiatura a tesi non fa nulla per spostarsi da quel punto, rendere dinamica una vicenda statica o mantenere l'interesse con altro che non sia l'assunto iniziale; ed è un peccato. Come al solito Ferreri si rifugia in un intellettualismo che, forse, in quegli anni era accettabile (o addirittura richiesto), ma oggigiorno rallenta la godibilità di un film che ormai si guarda solo per la perfezione nella definizione di eccesso.
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