venerdì 24 febbraio 2017

Monica e il desiderio - Ingmar Bergman (1953)

(Sommaren med Monika)

Visto in Dvx.

Due giovani commessi si incontrano, si innamorano e decidono di fuggire dalla squallida vita del proletariato svedese. Per la loro fuga rubano il motoscafo del padre di lui (proletariato fino a un certo punto) e si rifugiano sulle isole dell'arcipelago circostante dove vivono il loro diillio in mezzo alla natura. Tra feste di paese e aggressioni da parte di sbandati i soldi finiscono, comincia la fame e la consapevolezza di Monica di essere incinta. Nel tentativo di trovare da mangiare e nella successiva discussione il loro rapporto si dimostra superficiale quanto la protagonista della storia, che risulta molto meno disinteressata e paziente di quanto non ci si aspettasse. Tornati a Stoccolma si sposeranno e il ragazzo si impegnerà nel lavoro e nello studio per dare a Monica quando promesso, lei invece si dimostrerà nuovamente fatua e il loro rapporto del tutto compromesso.

Un film tecnicamente ottimo (come sempre in Bergman, o quasi), elegantissimo, con scene perfettamente costruite molto giocate sui primi piani. Una fotografia pulita in uno splendente bianco e nero. Alcune chicche sparsa nel film come il, giustamente, famoso primissimo piano della protagonista nel finale che guarda subito a lato della macchina da presa, non succede niente, ma lei è così espressiva e la scena così pregna (e viene preparato da un'ora e venti minuti di film sofferente) che quando arriva è carico di tutti contrasti del film.

La vicenda è naturalistica nel senso del naturalismo francese (con una sessualità piuttosto ingenua, come i suoi protagonisti, ma che all'epoca fece scalpore) e sottolinea l'alienazione cittadina, tanto quanto l'illusione di una fuga nella natura. Di fatto è un melodramma sulla distruzione delle illusioni, dello scontro fra realtà e sogni. Un romanzo di formazione senza vincitori.

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