(Life during wartime)
Visto in Dvx.
A quasi dieci anni di distanza Solondz torna dalla stessa famiglia di "Happiness", con le relazioni complicate che la caratterizzano, ma immersa in un ambiente più ansiogeno (l'america di quegli anni, non mostrata nel film, ma evocata dal titolo). In più ci aggiunge una componente ebraica che avrebbe dovuto essere presente già nel primo film, ma che venne eliminata (il che è un peccato, visto che buttata li a caso non sembra avere nessuna motivazione, mentre se fosse stato spiegato che il padre pedofilo era un "gentile" inviso alla famiglia, avrebbe avuto un suo senso).
Se l'idea di per sé è quasi interessante, l'effetto finale è terribile.
Tutto sembra stonato. Il grottesco è tirato ai massimi livelli, ma senza la grazia e l'organizzazione del primo film ottenendo solo effetti ridondanti per far piangere continuamente i personaggi o cercare di far ridere a denti stretti (il fantasma che torna a insultare la donna, la madre che parla al figlio del suo appuntamento); non c'è più quell'equilibrio magistrale che rendeva ruvido, ma geniale il film precedente e, senza quello, tutto il castello di carte crolla.
Inoltre i personaggi sono molti, ma quasi tutti di contorno, le vicende girano attorno a 3 di loro e, quasi, nessun altro.
Curiosa anche la scelta pedissequa di sostituire tutti gli attori; con i cambiamenti di persona si notano anche alcuni piccoli cambiamenti di carattere dei personaggi (Trish da frigida e quadrata madre di famiglia, diventa una desperate housewife, Allen da ragazzo cn grossi problemi sociali e sessuali diventa un ex tossicodipendente con spunti di criminalità, ecc...); esperimento curioso in cui non riesco a capire se i cambiamenti siano stati voluti nella sceneggiatura o siano stati figli del diverso casting.
Una fotografia magistralmente patinata e qualche spunto intelligente non possono ripagare di un film noioso e pretenzioso.
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