venerdì 16 novembre 2018

Il caso Mattei - Francesco Rosi (1972)

(Id.)

Visto in Dvx.

La vita (professionale) di Mattei, presidente dell'ENI, viene ripercorsa a ritroso, a partire dalla morte in un incidente aereo; da lì, con una linea temporale spezzettata da continui movimenti in avanti e indietro nel tempo e con una linea narrativa interrotta da inserti "di reprtorio" (che spesso di repertorio non sno) interviste, momenti apertamente metacinematografici, viene riassunto il personaggio. Il Mattei di Rosi è un uomo solido, sicuro e copmentetne fino allo sfinimento, il classico eroe buono che combatte contro tutti a rischio per la propria vita per il bene, in questo caso, dell'Italia.
Forse in questo c'è l'unica vera pecca del film, si tratta di un film a tesi che non vuole mostrare il dibatutto personaggio Mattei, ma ne crea uno a immagine e somiglianza di quelle idealizzato dal regista; dopo questo film non vi sono dubbi sulla positività del presidente dell'ENI, così come non vi sono dubbi che il suo incidente aereo non fu molto accidentale.
Tuttavia si tratta di un film a tema quasi dichiarato e la via per percorrerlo è la migliore, non la mera santificazione, ma la commistione di mezzi (il documentario, l'intervista, la fiction) per arrivare all'obiettivo rende il tutto più digeribile.
E qui si arriva invece alla grande idea del film, un'opera di fiction che è un  film inchiesta basato su alcuni fatti e molte ricostruzioni; un film che utilizza gli stilemi propri del documentario (le interviste, il regista che interviene all'interno del suo film, immagini di repertorio, titoli dei giornali) legate insieme da lunghe sequenze di fiction utili a ricostruire pezzi di narrazione mancante, ma in molti casi, utili solo alla creazione del mood (si pensi alla moglie assalita dai fotografi all'inizio, così come l'intero incipit con il grattacielo che si sveglia o l'aereo che cade). La commistione di generi sembra funzionare perfettamente rendendo affascinante ogni passaggio, con giusto un lieve eccesso nell'intrvista doppiata al giornalista americano verso il finale.
Rosi non si tira indietro alla costruzione di immagini ad effetto (le inquadrature con le magnifiche fiammate che fanno scappare le donne in pianura padana o quella che colora i volti delle persone nel deserto) e affida la parte di fiction a un Volontè (scegliere questo attore è sempre stata una precisa decisione politica) al solito magnifico, ma sorprendente per misura (un altro merito del regista suppongo).
Un film magnifico, sorprendnete ed estremamente efficace, che avendo tutte le sue intenzioni nel contenuto non dimentica la forma, ma anzi la sfrutta in ogni modo per ottenere il massimo dalla sceneggiatura.

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