mercoledì 7 novembre 2018

La sindrome di Stendhal - Dario Argento (1996)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una ispettrice di polizia sulle tracce di un assassino viene da lui assalita e violentata. Rimarrà sotto shock, nell'eterna attesa del suo ritorno; quando questo, effettivamente succederà le conseguenze per lei saranno anche peggiori.

Dopo la sua breve (e deludente al botteghino) esperienza americana, Argento torna in Italia e comincia il suo totale declino. Già in passato aveva realizzato film che non mi sono mai piaciuti; ma la regia fantasiosa e mobile è sempre stata un elemento determinante e alcune idee di massa in scena o sceneggiatura erano valori aggiunti su cui ci si poteva contare. Con questo film si perde tutto.

La trama raffazzonata con qualche buco e gravi problemi di ritmo e continuum sono una costante dell'Argento sceneggiatore che, però, invecchiando sembra non staccarsi mai dai suoi cliché e da frasi stupide o troppo enfatiche messe in bocca a chiunque.
La storia poi sembra un ritorno al passato (splatter, squilibri psichiatrici, storia con twist plot), ma dopo 20 anni di onorata carriera si comincia a vedere pigrizia in questa scelta, più che un modo per creare qualcosa di personale; l'aggiunta del dettaglio fantasy con la protagonista che si sente entrare nei quadri è un espediente senza nessun significato nella trama che permette una buona soluzione (il flashback con la "Ronda di notte" di Rembrandt) e poi tanti riempitivi.
Ovviamente da condannare la scelta della figlia come protagonista, scelta chiaramente sbagliata (particolarmente per i vari risvolti psicologici che dovrebbe essere in grado di dare a personaggio) per età e aspetto, oltre che per capacità. Va ammesso però, che un pò tutto il cast non brilla, denotando, ancora una volta, un problema del regista oltre che degli attori.

Il film viene indicato come il primo italiano a utilizzare il CGI, in maniera, ora, datata, e complessivamente non particolarmente utile.

In poche parole siamo lontani dalla totale incapacità degli ultimi anni; non raschia il fondo, ma dimostra di essere stanco realizzando un film che, più che brutto, è inutile.

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