giovedì 18 novembre 2010

Hyènes - Djibril Diop Mambéty (1992)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano (fuori concorso); in lingua originale

Opera presentata nell’ambito dei festeggiamenti del trentennale del festival.

Film atipico nel panorama cinematografico africano ad opera di Mambéty, uno dei rinnovatori della settima arte del continente nero. Atipico in quanto è tratto da un'opera di Dürrenmatt: “La visita della vecchia signora”.

La storia è quanto di più affascinante si possa volere. Una donna umiliata e derisa da giovane, fuggita dal suo villaggio torna decenni dopo, ricca e potente, e promette soldi, tanti, a tutto il villaggio, in cambi chiede che venga ucciso l’uomo che ne causò la fuga. Immediatamente tutti si ergono a proteggere il vecchio (come chiosano ad un certo punto; non sono mica in America), ma i regali che l’anzian fa alla popolazione scatenano una serie di reazioni che condurranno all’inevitabile finale. Impossibile la fuga, impossibile il perdono.

Il film rende da dio la tranquilla ansia di vendetta della donna, ma anche il suo immutato affetto per l’uomo che vuole morto (magnifica in questo senso la scena in riva al mare), nonché l’acquisita arroganza dovuta alla sua nuova posizione. Il film voleva essere soprattutto un atto d’accusa contro la corruzione (dello stato, delle forze di polizia, della giustizia, della religione, e una corruzione morale dilagante) densa di simboli tuttora efficaci (l’evidente parallelo con le iene; il grottesco tribunale finale nel cimitero degli elefanti; o la bellissima immagine finale del baobab in lontananza), più qualcuno tipico del luogo (la rete da pesca come immagine della corruzione, che viene usata dal giudice ed indossata al collo del capo della polizia; o le facce dipinte di bianco nel giudizio finale a simbolo del male). In questo senso il film funziona; e funziona bene la regia, abbastanza sicura in toto, con qualche decisa virata autoriale nella costruzione di alcune inquadrature (soprattutto nella chiesa) o nell’utilizzo di alcuni paesaggi (la già citata immagine del baobab, il deserto durante il viaggio in macchina, la costa nella scena sul mare dell’incontro fra i due “antagonisti”).

Non tutto però funziona. I dialoghi sono buoni solo in parte e la storia nel complesso ingrana bene solo ad un certo punto (durante la prima mezzora ho rischiato più volte di addormentarmi). Gli attori presi dalla strada fanno pesare la loro verginità cinematografica e l’intera opera risente di quell’amatorialità dovuta alla mancanza di mezzi.

Ma nonostante questo, nel complesso funziona. Funzione e obbliga a vedere il precedente film tratto dalla stessa opera, stavolta però americano.

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