giovedì 10 novembre 2011

Au hasard Balthazar - Robert Bresson (1966)

(Id.)

Visto in DVD. Che buffo Bresson che fa un film su un asino… ovviamente però è buffo sulla carta, non c’è proprio un cazzo da ridere in un film di Bresson su un asino, anzi, la parabola negativa dell’animale diventa metafora della mesta vita umana. Ma andiamo con ordine…
La storia di un asino dalla nascita in una fattoria in cui, cucciolo pucciosissimo viene utilizzato solo per scopi ludici dai bambini, all’età adulta in cui viene continuamente picchiato, sfruttato e bistrattato da tutti, in ogni ambito ed in ogni situazione fino ad una fine dolorosa ed indecorosa… come dicevo la storia di questo asino si affianca alla storia della sua prima padroncina, Marie, figlia di un uomo con problemi di debiti non suoi, innamorata di un coglioncello locale che con la sua gang di sociopatici maltratta animali e persone, uccide e contrabbanda. I due fuggono, si respingo, fanno cose e vedono gente, finchè lei non tornerà a casa dai suoi genitori, ritroverà un vecchio amore, ma ormai sarà svuotata da ogni possibilità di sentimento, inoltre il suo ex e la sua gang non gli va giù d’esser stati abbandonati e si vendicheranno.

Le due storie in realtà non hanno molto in comune, l’asino (che è assolutamente il protagonista) incontra più e più volte, per tutta la sua vita, Marie, ma i due non hanno eventi in comune molto importanti. Quello che le due storie rappresentano è, al solito, la condizione umana filtrata dal pessimismo cosmico di Bresson.

L’asino mostra l’impossibilità di discernimento, l’inesistenza del libero arbitrio, l’asino non ha mai la possibilità di scegliere il suo destino, quando si rifiuta di eseguire gli ordine viene picchiato più del solito, quando li esegue viene malmenato in maniera standard; quando tenta la fuga viene ripreso e sfruttato nuovamente, non c’è alcuna possibilità di scelta, ne di salvezza. Le scene più rappresentative sono (come dice Farinotti) quella del “gioco di sguardi” tra animali al circo, dove l’asino fissa gli animali nelle gabbie, poi ovviamente la scena della morte, ucciso dagli uomini senza avere responsabilità, muore fra le pecore, le quali al contrario degli uomini non lo maltrattano, semplicemente se ne disinteressano (a loro volta però le pecore subiscono la coercizione dei cani da pastore che le obbliga ad allontanarsi dall’asino).
La storia di Marie invece è più emblematica del giansenismo (secondo cui l’uomo è portato a fare il male in ogni frangente, a meno che non giunga la grazia di Dio) e mostra un lungo susseguirsi di situazione dove quasi ogni personaggio agisce nel peggiore dei modi. Marie stessa, persona sfortunata e vessata dagli eventi, si prodiga per causare dolore in chi le sta accanto.
Due visioni della vita umana, entrambe decisamente negative.

2 commenti:

Seconda serata ha detto...

Passerò di qua quando riuscirò a recuperarlo e a vederlo.

Lakehurst ha detto...

già conosci il regista? no perchè per vedere un film di Bresson bisogna proprio esserne in vena.