giovedì 3 novembre 2011

Il tempo dei lupi - Michael Haneke (2003)

(Le temps du loup)

Visto in Dvx. In un ambiente contemporaneo, ma post apocalittico (qualche evento disastroso è successo anche se mai dichiarato, tanto che acqua e cibo scarseggiano e la gente fugge dalle città in cerca di una qualche salvezza. In questo ambiente si muove la famiglia di Isabelle Huppert, che dopo la morte del marito si ritrova a tirare a campare con i figli in mezzo ad un’umanità varia e violenta.

Questo film è un po’ la quintessenza delle opere di Haneke, c’è tutto; il gelo e la violenza.

Ogni film di Haneke presenta infatti un algido distacco, un freddo glaciale sia nel modo in cui il regista (e quindi chi guarda il film) si pone nei confronti dei personaggi (in questo la fotografia nelle opere del regista è sempre molto ben definita), sia nel modo in cui i personaggi si muovono gli uni attorno agli altri. Anche in questo film infatti nei rapporti interpersonali c’è una distanza siderale fra i protagonisti, anche tra i famigliari stessi (la morte improvvisa del padre ne è un esempio, i famigliari pur se colpiti dalla cosa non sembrano aver subito il colpo e reagiscono comunque con il silenzio).

In ogni film di Haneke poi viene raccontata la violenza, tanto fisica quanto psicologica, insita nel sistema sociale raccontato. Una violenza mantenuta il più possibile invisibile quando il sistema funziona, ma nel momento in cui qualche pezzo viene perduto tutto diviene evidente. Proprio in questo film ogni sistema sociale viene perduto (per poi essere ricostruito in diversi tentativi di vita in comune, dall’isolamento egoistico del ragazzo al sistema estremamente gerarchico del gruppo di persone che abitano nella stazione, fino al sistema quasi socialista del gruppo che arriva in un secondo momento) e quello che ne viene fuori è la reazione scomposta di reazione dei vari personaggi (non si esageri nell’intendere la mia frase, non viene mai mostrato un solo momento di vera e propria anarchia, ogni film di Haneke è un’operazione matematica precisa e riproducibile). Su tutti spiccano ancora una volta l’omicidio del padre/marito tanto improvviso quanto immotivato nonché lo stupro silenzioso fatto in mezzo al gruppo dormiente.

Poi beh, Haneke si diverte a non spiegare mai nulla; non si sa assolutamente come origini il tutto ne è chiaro come finisca. D’altra parte il regista non punta a raccontare una storia compiuta, ma a mostrare una situazione, un ambiente.

PS: bravissima la Huppert che in ogni film riesce ad essere completamente diversa dal precedente (rimanendo in ambiente Haneke si veda, ad esempio, La pianista).

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