venerdì 8 gennaio 2016

Enter the void - Gaspar Noé (2009)

(Id.)

Visto in DVD.

Un ragazzo americano orfano dei genitori si trasferisce a Tokyo dove diventa abbastanza ricco spacciando droghe, riuscirà a portare a Tokyo anche la sorella, ma un giorno verrà tradito... SPOILER; morirà, ma la sua anima continuerà a volteggiare vedendo ciò che accade alle persone che conosceva, fino alla sua nuova reincarnazione.

Questo è il classico film intellettuale e fastidioso; inizia con una soggettiva di mezzora dove si sentono i pensieri del protagonista esplicitati da una voce fuori campo (pure il battito delle ciglia viene messo, una follia che vorrebbe rendere la scelta più realistica e figa, ma che in realtà aggiunge l'unico dettaglio che a cui nessuno bada e che quindi infastidisce più che creare empatia); viene anche messo un inserto che dovrebbe rendere l'effetto della droga con dei fuori fuoco, immagini frattali dai colori accesi, un'immaginario banale, anche se ben realizzato; poi si passa a una macchina da presa che ondeggia dall'alto dando un senso di mal di mare e inquadrature spesso faticose da seguire.... un film molto fastidioso, sulla carta, tuttavia...
tuttavia questo è un film potentissimo. La prima parte mette subito le cose in chiaro, ci troviamo davanti a un film esteticamente maestoso. Noé fa dell'immaginario lisergico delle luci fluo e dei neon una fotografia pazzesca che riempie ogni singola inquadratura di una bellezza folle e talvolta disturbante; la macchina da presa quando non è impegnata in fighetterie si muove con stile in inquadrature programmaticamente originali che a lungo andare diventano da sole motivo sufficiente per vedere il film (il rapporto sessuale visto dall'interno della vagina!!!).
Poi c'è una storia strutturata in maniera magistrale con una incipit che spiega e rendere confuso nello stesso tempo (di fatto è la reincarnazione spiegata dall'amico spacciatore, ma potrebbe comunque essere anche soltanto l'effetto del DMT assunto da poco e a lungo cercato dal protagonista). La sceneggiatura dopo la prima mezzora si muove con una serie di flashback connessi in maniera apparentemente casuale che aggiungono elementi allo sviluppo del personaggio o alle scelte estetiche successive; uno sforzo notevole di eventi che trova una conclusione nel finale dove vengono tirate le fil di tutto quanto in maniera decisamente soddisfacente.
Se è vero che senza dover usare insegne al neon, "Paura e delirio a Las Vegas" è riuscito a rendere molto di più l’effetto delle droghe, ma in maniera cazzara; è anche vero che in questo film viene messo in scena  un viaggio allucinante autoconclusivo e perfetto, senza un filo di ironia e con la costruzione di un intero mondo.    

Nonostante una storia che in molti punti ci prova a essere fighetta e una regia eccessiva, il film si muove adagio, con lunghi momenti di raccordo e una storia spezzata in centinaia di scene disgiunte o ripetute, in una corsa vista al rallentatore verso la risoluzione finale. Bravo.

PS: Naturalmente questo era un film da vedere al cinema    

PPS: Naturalmente il libro tibetano dei morti non dice le cose che gli sono attribuite.

PPPS: si, questo è il film i cui titoli di testa piacciono a Tarantino.

PPPPS: ok, dopo la smetto. Comunque la storia e l'estetica hanno dato il destro per molte locandine bellissime, eccone alcune.


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