mercoledì 13 gennaio 2016

L'uomo che cadde sulla Terra - Nicolas Roeg (1976)

(The man who fell to Earth)

Visto in Dvx.

Un alieno viene sulla terra alla ricerca di energia, ovviamente va direttamente negli USA dove sa di trovare soldi e mezzi; però per non farsi riconoscere come extraterrestre si fa passare per inglese. Negli USA tirerà fuori 9 brevetti rivoluzionari che gli garantiranno i mezzi economici necessari. Mentre si troverà sulla Terra intreccerà rapporti di lavoro, avventure sentimentali finché non sarà scoperto; a quel punti diverrà il centro dell'interesse della scienza che gli causerà danni irreversibili (incollandogli addosso le lenti a contatto che nascondono i suoi occhi felini). Rimarrà bloccato sulla Terra per sempre impossibilitato nell'avere informazioni circa la sua famiglia e il suo pianeta.

Quarto film di Roeg dopo "Sadismo", "Walkabout" e "Don't look now"; quello che trovo più affascinante di questo regista è il cambio così radicale di genere fra i suoi film pur mantenendo un'impronta personale riconoscibilissima. Al solito infatti c'è una regia dinamica e fantasiosa, macchina da presa mobile con alcune brevi soggettive e, ancora una volta, un montaggio alternato usato in maniera significativa (ancora un rapporto sessuale come nel film precedente, ma qui sembra più una lotta e viene affiancato a uno spettacolo di spada giapponese; buono, ma non affascinante come l'altro) e un ottimo uso della musica (c'è anche David Bowie che ascolta una sua canzone).
la struttura del film inizia bene, saltando tutti i preamboli e arrivando direttamente nel centro della vicenda; purtroppo però sembra che il film apprezzi troppo l'idea di base del film e se la gode senza portarla mai avanti, senza dargli mordente o l'empatia necessaria, anzi si dilunga annacquandola e diventando decisamente noioso nella seconda parte. Curiosamente riesce molto efficacemente a costruire un ambiente americano affascinante, dai colori caldi e dalla tendenza straniante, fallendo invece in maniera completa nei flashback che mostrano un mondo alieno molto anni '70 e molto ridicolo.

Il film di per se diventa rapidamente fastidioso, ma ha due assi nella manica.
Il primo è la presenza di Farnsworth, il personaggio a cui i creatori di Futurama si sono palesemente ispirato per l'omonimo professore.
Ma il vero colpo di genio è aver scritturato David Bowie, ovvero aver scelto un alieno per interpretare la parte dell'alieno (ce ne sono stati pochi adatti a interpretare una parte del genere, giusto lui, Michael Jackson e Christopher Walken; gli unici alieni riconoscibili da chiunque), perfetto, inquietante e distante il giusto, dolente e spaesato in maniera impeccabile.
                             

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