lunedì 11 gennaio 2016

Venere bionda - Josef von Sternberg (1932)

(Blonde Venus)

Visto in Dvx.

Una ex cantante di locali notturni tedesca sposa un giovane americano, vanno a vivere negli USA dove nascerà un figlio. lui si ammalerà (di una brutta malattia chiamata radiazioni), lo possono curare solo in Europa e la moglie torna a cantare dopo anni per poter pagare le spese al marito; lì conoscerà un facoltoso playboy che si innamorerà di lei, pagherà tutto quello che c'è da pagare e diventerà il suo amante. Lei lascerà il playboy quando il marito tornerà dall'Europa. purtroppo il marito non perdonerà il tradimento e la moglie sarà costretta a fuggire con il figlio per paura che le venga tolto.

Drammone dei buoni sentimenti con una Dietrich per la prima volta vittima e melodrammatica (ok, anche in "Marocco" ne usciva sconfitta, ma anche li era lei a condurre il gioco fino a un certo punto).
Buona le gestione delle scene di von Sternberg che conduce bene le scene, un uso magnifico delle ombre nelle scene in notturna e qualche accorgimento per rendere dinamica la ripetitività di scene simili (utilizza oggetti per velare la visione, come stoffe o palme).
Il vero tallone d'Achille è la sceneggiatura a salti eccessivi, alcune sequenze di dubbia utilità e una pressione sul melò di poco spessore che poteva essere evitato; si difende invece per l'onestà della vicenda e per gli espliciti riferimenti sessuali, crollando rovinosamente in un happy ending posticcio inaccettabile.

Ovviamente i veri motivi per vedere questo film sono due delle tre scene di canto della Dietrich, soprattutto "Hot voodoo" dove indossa un costume da gorilla e "I couldn't be annoyed" dove indossa un frac bianco (scena comunque inferiore a quella in frac nero in "Marocco").

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