(Sennen joyû)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un giornalista e un cameraman devono fare un'intervista ad un'attrice ottuagenaria che da anni non si mostra in pubblico. L'intervista però non viene eseguita a parole, ma tramite immagini. Gli eventi raccontati vengono rivissuti, ed il giornaliste e il cameraman divengono spettatori diretti, non visti, ma che possono interagire (e il giornalista prenderà parte a molti eventi). La storia dell'attrice poi, viene raccontata attraverso le scene dei film da lei realizzati, confondendo la realtà con l'invenzione cinematografica. Il racconto prosegue attraverso film in costume che mostranom di rimando l'evoluzione del Giappone dall'epoca feudale fino ad una scena spaziale in ordine cronologico.
Il film è il classico baraccone di Kon, con specchi deformanti e fusioni di realtà diverse in elementi spesso confondibili...come dire, una figata.
Le immagini si rincorrono, e mentre i rapporti tra i vari personaggi vengono svelati le scene si caricano sempre più di inaffidabilità finchè, semplicemente, si smette di cercare di capire se quello che si sta guardando è una scena di un film, la realtà o una semplice fantasia (e di chi sia la fantasia, se dell'attrice o del giornalista).
Un ottimo film, che però, a mio avviso, ancora non eguaglia "Tokyo godfathers", il capolavoro di Kon.
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