mercoledì 22 maggio 2013

A young doctor's notebook - Alex Hardcastle (2012)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Radcliffe è uno studente di medicina neolaureato che, nella Russia zarista, viene mandato a condurre, come unico medico, un ospedaletto di campagna distante chilometri da ogni forma di civiltà. Affiancato da uno strambo gruppo di personale sanitario variegato dovrà affrontare la propria impreparazione, l’ignoranza della gente del luogo e, soprattutto, la sifilide.

Miniserie televisiva inglese tratta da una serie di racconti di Bulgakov (molto belli) che insistono sul senso di impotenza di chi è chiamato ad affrontare da solo una serie di prove che ha imparato a conoscere solo attraverso la teoria, l’ansia da prestazione, l’insicurezza cronica, l’arroganza di chi sa che deve dimostrare molto sono tutte caratteristiche che la miniserie riesce perfettamente a rendere, ma per fortuna non si limita a questo.

I racconti di Bulgakov sono solo l’inizio, gli autori della serie ci ricamano sopra una serie di personaggi assolutamente autonomi azzeccando praticamente tutto. A fianco della struttura narrativa di base la miniserie la butta sul lato comico della situazione dando vita (nella prima puntata) ad una serie di momenti tra i più divertenti visti in tv ultimamente; costruisce una mitopoiesi di personaggi macchiettistici, ma assolutamente autonomi; si lancia nello splatter (gli interventi chirurgici vengono mostrati) riuscendo in tal mondo a rendere maggiormente i sentimenti del protagonista portato a considerarsi dapprima un medico, poi un macellaio ed infine un assassino; infine, ultima idea, mostra il protagonista sia da giovane, sia da adulto che rilegge i diari dell’epoca e, tornando indietro con la memoria, interagisce con se stesso da giovane, senza mai essere d’aiuto (di fatto è solo una fantasia, mica un viaggio nel tempo), ma mostrando dove è arrivato quel ragazzo con così grandi speranza. Quest’ultimo punto, il confronto fra il futuro ed il passato rappresenta il filo rosso della quattro puntate e devia, lentamente, di nuove nel dramma.

Come dicevo il lavoro di adattamento (e di modifiche) realizzato dagli autori è stato davvero magistrale e merita un encomia a se; la miniserie però funziona anche grazie ad un cast di caratteristi azzeccatissimo e a un Daniel Radcliffe senza vergogna che dimostra quanto sia bravo a recitare vincendo il mio personale razzismo nei confronti dell’attorucolo che ha interpretato Harry Potter e basta (ancora una volta il primo episodio mostra perfettamente le doti del protagonista). Infine la fotografia evidentemente low budget (rispetto ad un film) mostra degli esterni fatti con un computer che fa di tutto per non nascondere la sua origini, ma l’impressione di finzione degli esterni (unita ad una precisione fantastica nella realizzazione degli interni) da alla serie un sapore vintage che altrimenti non sarebbe riuscita ad ottenere.
Purtroppo il tono della serie cala dopo la prima puntata fino al finale che ha un po’ troppo l’aspetto di un qualcosa di raffazzonato alla meglio; questo si vittima della tendenza a rendere sempre più drammatico il mood, cosa che, obbiettivamente, non giova affatto. 

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