(Broken blossoms or the yellow man and the girl)
Visto in DVD.
Film melodrammatico per definizione, narra di un giovane monaco buddhista che emigra a Londra pr portare la parola di Buddha, si perderà presto in una fumeria d'oppio. L'incontro fortuito con una ragazzina maltrattata dal padre lo porterà a riscoprire l'amore (unilaterale ed assolutamente platonico) e a ritornare a sperare.
In questo film c'è tutto il Griffith che conta, ovviamente c'è il montaggio parallelo convergente (splendidamente usato visto che crea una suspence che non finirà in uno scioglimento positivo), ci sono i reiterati primi e primissimi piani (Griffith amava far recitare i volti degli attori più che i corpi, e permise quindi di traghettare il cinema lontano dal teatro a cui si è sempre rifatto nei primi decenni) ma soprattutto è il primo film che abbia visto in cui vi è un uso espressionista del colore. Il colore era già talvolta utilizzato, si veda ad esempio "Viaggio attraverso l'impossibile" di Méliès che già nel 1904, nella preistoria del cinema, si era adoperato a dipingere ogni singolo fotogramma; ma Griffith ne fa un uso diverso. Utilizza una tecnica differente, e cioè l'imbibizione, colorando tutto il fotogramma con lo stesso colore, ma soprattutto non utilizza le differenze cromatiche per stupire il pubblico, quanto per veicolare informazioni, il blu è tenuto per le inquadrature degli esterni di notte, l'ocra per le situazioni normali, mentre il rosa per le situzioni emotivamente più importanti. Ancora una volta Griffith inventa un linguaggio che solo decenni dopo il cinema imparerà ad usare.
Il film è estremamente verboso, con una "voce" fuori campo che racconta ciò che avviene ed i sentimenti... curioso.
La Gish è stranamente credibile nei panni di una preadolescente, anche se all'epoca aveva già 23 anni.
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