venerdì 18 dicembre 2009

A serious man - Joel Coen, Ethan Coen (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Normalmente l'inconludenza ed il gioco del caos dei Coen mi irrita, perchè lascia l'amaro in bocca senza dire nulla, appare estroso ed estremamente intelligente quando invece è solo una mancanza di significato; le loro opere migliori finora sono state Fratello dove sei, film carino tratto dall'Odissea, e Non è un paese per vecchi, film magnifico tratto dall'omonimo romanzo di McCarthy; come a dire che finchè si tratta di dirigere ce la fanno anche, ma quando si tratta di scrivere sono troppo intenti a mettere gichetti e trucchi per apparire fighi e si dimenticano dell'essenza.
In questo caso no. In questo caso è proprio l'impossibilità di vedere il significato di ciò che accade il motore del film, è il caos che gli da un significato.
Il film ambientato in una comunità ebraica (popolo molto legato all'idea che tutto ciò che accade abbia un significato e alla necessità, o l'interesse, di venire a conoscienza dei motivi) in cui il protagonista si muove in sordina finchè non diviene un moderno Giobbe, e le sfighe si susseguono una dietro l'altra, senza che lui abbia la forza di reagire, ne nel bene ne nel male. Proprio la sua mancanza di reazione, unita con la sua fede, mai esagerata, ma mai perduta, riporteranno a posto le cose, ma al contrario di Giobbe, quando tutto si sistema, proprio quando tutto è finito, cede, mostra debolezza e le conseguenza, non mostrate direttamente ma suggerite, saranno enormi. Tutto quello che sta nel mezzo è la ricerca di un significato da parte del protagonista, un motivo per quello che gli accade; ma ovviamente il motivo non verrà trovato, forse c'è, ma come esseri umani non si è in grado di comprenderlo e tutto quello che ci rimana da pensare è che se esiste un ordine superiore quello è il caso (un po un leit motiv dei Coen che sulla mancanza di un ordine superiore hanno vissuto per anni).
Tutto il film è permeato da un senso di oscura inevitabilità che rende ricca di significato ogni scena, ogni personaggio, ogni espressione, anche la più stupida od inutile (ai fini dello svolgimento della trama sono pochissimi gli avvenimenti effettivamente utili, ma tutto è necessario per fare atmosfera).
Il film è il classico miscuglio di dramma e commedia a cui i Coen hanno abituato. La regia sempre pulitissima sceglie colori sbiaditi che danno un magnifico senso di inutilità e impossibilità nel fare alcunchè, rendono bene gli anni sessanta, e aiutano pure ad ambientare il film nella stagione estiva (giugno). I Coen poi si rendono evidenti con inquadrature sghembe, l'uso insistito dei dettagli, e il continuo gioco con il fuoco (come quello nel bellissimo finale, oppure per sottolineare lo stato di alterazione mentale dei personaggi).
Un film fieramente ebraico, dove tutto passa attraverso parole e usi ebraici non sempre spiegati, bello il corto/incipit tratto da una storiella Yiddish.

Un film bellissimo dove tutto può succedere senza potervi fare nulla se non sopportare, o cedere, e dove tutto è inintelleggibile.
Come al solito nei film dei Coen, ottimo il cast.

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