(Svoy sredi chuzhikh, chuzhoy sredi svoikh)
Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato.
La storia è quella di un carico d'oro, nella Russia degli anni '20 che deve arrivare a desitnazione, di due gruppi di "banditi" che lo vogliono e del tentativo di recuperarlo da parte dei "proprietari".
Il punto fondamentale è che questo film russo degli anni '70 è, sostanzialmente, un western girato da Tarantino.
La frase è certamente altisonante, però in questo film Michalkov ci da dentro con una camera libera come non mai, segue i personaggi, panoramiche e carrelli, zoom in avanti e indietro, camera a mano, camera fissa, piani sequenza, dolly; idee di montaggi che alternano sequenze rapidissime e serrate a uno stile più scorsesiano, ai dettagli delle pistole tipici del western. E tutte queste possibilità sono sfruttate senza una cadenza regolare, in maniera assolutamente indipendente; per ogni scena sceglie lo stile che più gli si addice senza appoggiarsi al già visto.
La storia poi ha tutte le cadenze del western crepuscolare, soprattutto alla Leone (l'oro da rubare, la rapina al treno, il tesoro nascosto da ritrovare, amicizie virili, un'accusa ingiusta, il riscatto, il duello, ecc...), e arriva addirittura a presentare uno "scontro" tra 3 individui legati dal comune interesse per l'oro da ritrovare ma arroccati su fronti opposti (un "bianco", un "rosso" e un ladro/bandito/capo banda); non si arriva mai ad un vero e proprio triello, però l'idea, lo sviluppo e la cadenze delle azioni son sempre quelle. Addirittura le musiche sono assolutamente da western leoniano.
Il film è assolutamente di parte, come è prevedibile. Il protagonista, un "rosso" ingiustamente sospettato, Shilov, è un uomo granito, con un'incrollabile fiducia nel sistema dominante e con un cuore enorme che pensa sempre al "popolo", e che non disdegna di aiutare anche il nemico in difficoltà... questa orgia di banalità però ha un risvolto decisamente buono, e cioè il manifestarsi di sentimenti di amicizia tra quest'uomo e l'uomo che deve dargli la caccia perchè tutti pensano che sia fuggito, i due erano stati commilitoni e per tutto il film la caccia è tempestata di piccoli gesti di illusione e simpatia fra i due, nonchè del tentativo di scagionare l'amico accusato. In questo senso tutto il film sta nell'apertura del film (bella la canzone) e nel finale.
E poi ci sarebbe da parlare pure delle inquadrature estremamente estetizzanti, soprattutto all'inizio; delle luci, quasi sempre accecanti, che appiattiscono l'immagine, cancellano i dettagli, talvolta nascondo anche i tratti somatici, o annullano interamente la scena; delle scene oniriche che vede il capo della banda di ladri o delle scene dei ricordi che compaiono lentamente nella guardia "rossa" rapita e drogata...
Si insomma, un film di una libertà impressionante, che fa ancora più impressione se si considera che è un'opera prima (anche se in realtà di corti ne aveva già fatti parecchi), assolutamente senza ingenuità, che presterebbe il fianco ad una sola critica, la mancanza di mezzi. Che a ben vedere dimostra ancora di più le capacità di Michalkov.
Nessun commento:
Posta un commento